Partito di Alternativa Comunista

Assange deve tornare in libertà

Assange deve tornare in libertà

 

 

 

di Mario Avossa

 

 

La persecuzione di Assange inizia nel 2010, quando riesce a trasmettere ad alcuni giornali informazioni su crimini politici e di guerra commessi dalle forze armate dei governi occidentali. Le informazioni provenivano da fonti governative, militari e d’intelligence, ed erano classificate come segrete. A queste si era riusciti ad accedere grazie una rete di esperti informatici. Furono rese pubbliche da un’agenzia giornalistica, WikiLeaks, di cui Assange era caporedattore, specializzata in pubblicazioni di informazioni riservate o segrete, in nome della libertà di stampa.

 

Informazioni di inaudita gravità

La stampa borghese tende a glissare sulla gravità dei contenuti delle notizie rese pubbliche da WikiLeaks nel 2010. Si tratta di crimini di guerra e contro l’umanità d’inaudita gravità, commessi dalle truppe delle potenze occidentali: massacri, stupri, torture, uccisioni gratuite, sparizioni; tali da gettare nel discredito i governi occidentali di fronte alle masse, da scoperchiare un vaso di Pandora che svela a tutti le menzogne e l’ipocrisia dei governi che pretendono di essere liberali e democratici. In quegli orrori sistematici non c’è nulla di liberale né di democratico: si palesa il vero volto sanguinario e inumano del capitalismo. Queste notizie comprendevano il video Collateral Murder, diari di guerra in Afghanistan, diari di guerra in Iraq e CableGate.

 

I governi occidentali organizzano la vendetta

Aver rivelato al mondo intero gli orrori dei crimini di guerra commessi dai militari anglo-americani ha destato, da una parte, sdegno e sgomento nella pubblica opinione; dall’altra, disperazione e ira nei rispettivi governi. Questi si sono subito messi alla caccia del giornalista. Sono state prodotte ridicole accuse di stupro dalla polizia svedese, in modo da avere un pretesto per incarcerarlo e consegnarlo ai suoi aguzzini.
Dopo alterne vicende, Assange riesce a rifugiarsi nei locali dell’ambasciata ecuadoregna a Londra, dove è rimasto confinato per sette anni come prigioniero politico in esilio. Poi il tradimento, sotto le pressioni dei governi occidentali, e la consegna alle forze di polizia britanniche che, senza processo, lo restringono nel carcere di massima sicurezza antiterrorismo di Londra Belmarsh detta la Guantanamo inglese. Qui tuttora è segregato, provato da trattamenti inumani e degradanti cui è sottoposto. Ormai saldamente in pugno dei suoi nemici, Assange potrebbe essere destinato all’estradizione negli Usa nelle cui carceri rischia l’ergastolo o la vita (1).
I governi occidentali cambiano di volta in volta ma lo spirito di vendetta dei capitalisti contro Assange (e contro tutti i dissidenti politici: vedi il caso Cesare Battisti) si trasferisce a quelli successivi, di qualunque colore e maggioranza politica. Ulteriore elemento per disilludere chi crede che i governi siano terzi e indipendenti nella lotta di classe: essi sono al servizio di capitalisti, banchieri e industriali e ne rappresentano gli interessi organici, in conflitto con quelli dei lavoratori e delle classi oppresse.
Le cinque testate che avevano pubblicato documenti di WikiLeaks - Guardian, New York Times, Le Monde, Der Spiegel ed El País - hanno per molto tempo ignorato la persecuzione della loro fonte giornalistica, dopo essersene giovati.
In ritardo e sotto le pressioni dei movimenti in difesa della libertà di stampa, le rispettive redazioni hanno poco tempo fa risolto di sottoscrivere una lettera aperta con la richiesta al governo americano per la remissione dell’azione penale, sostenendo che «pubblicare non è un crimine».

 

Il movimento mondiale per Assange libero

In tutto il mondo civile è in corso da anni una battaglia per i diritti democratici in difesa non soltanto della persona di Assange ma del principio generale della libertà d’informazione. Per Assange si sono mobilitate migliaia di sigle e associazioni in tutto il mondo. Ricordiamo l’impegno di un noto avvocato internazionale, professionista della difesa dei diritti umani, Nils Melzer (2).
Si sono mobilitati Onu, Ordini dei giornalisti, movimenti per i diritti umani, Amnesty International; lo stesso governo australiano, dopo anni di complice ignavia, sotto la pressione dei movimenti, dimostra qualche apertura (3). In Italia numerose organizzazioni e sigle si esprimono per la liberazione di Assange, un coro unanime sostiene la fine della persecuzione del giornalista prigioniero politico: Anpi nazionale, Fnsi, Articolo21, Arci, Ordine dei giornalisti (4), magistrati (5); persino l’ex presidente del consiglio dei ministri Conte si è pubblicamente speso per Assange, pochi giorni fa, anche se si è ben guardato di rompere le relazioni diplomatiche con gli Usa quando era capo del governo (6).

 

Non notizie riservate qualsiasi ma notizie fuori controllo capitalista

Colpire Assange significa, da un lato, esercitare la vendetta da parte dei capitalisti che hanno in mano quegli stessi mezzi di disinformazione e di esercizio della violenza che WikiLeaks ha permesso di denunciare; dall’altro, una punizione esemplare, che faccia da deterrente contro chiunque osi mettere in discussione il monopolio dell’informazione da parte del capitalismo.
Ogni giorno trapelano notizie riservate nei mezzi di comunicazione di massa. Fra le più clamorose ne sono prova lo scandalo Palamara (7); e, in queste ore in cui scriviamo, lo scandalo Crosetto/Cantone/De Raho/Guardia di Finanza (8-9-10).
C’è un giornalismo specializzato che mette a disposizione delle agenzie di stampa notizie coperte da segreto giudiziario o amministrativo, a cominciare dalle cronache locali per giungere fino a scandali nazionali che coinvolgono organi e poteri dello Stato borghese. Questo accade in Italia ma anche in altri Paesi. Queste informazioni, sulla base delle leggi borghesi, dovrebbero restare riservate ma la loro divulgazione è finalizzata a scontri fra bande di capitalisti e di loro funzionari e faccendieri, in cui s’intrecciano i ruoli degli apparati dello Stato, di organizzazioni di stampo massonico, di cordate affaristiche. Qui la caccia ai divulgatori non è così accanita come contro Assange, ma rientra nelle ritorsioni fra bande contrapposte.
La persecuzione di Assange non riposa quindi sul fatto che abbia divulgato notizie coperte da segreto militare o politico né che abbia posto in pericolo la sicurezza degli Stati capitalisti; ma sul fatto che quei gravi avvenimenti sono stati messi a disposizione delle classi e dei popoli oppressi, cui non dovevano pervenire; e non rientrano nella fattispecie delle ritorsioni reciproche fra banditi capitalisti contrapposti in fazioni (o almeno non principalmente).

 

Il duplice diritto di fornire informazioni e di riceverne di attendibili

Non è facile fare libera informazione in tutti i regimi del capitalismo, da quelli più repressivi e violenti a quelli più democratici e liberali. Tuttavia, questo non limita il diritto a batterci perché nella società capitalista sia possibile esercitare il duplice diritto democratico, attivo, di fare libera informazione, da una parte; e, dall’altra, di fruire del diritto passivo di entrare in possesso d’informazioni di qualità tale da permettere ai lavoratori, alle classi oppresse e ai popoli il formarsi di opinioni politiche basate sulla conoscenza della realtà e non sulle bufale propagandistiche della stampa asservita al capitale.
Restano attuali le affermazioni di alcuni anni fa di Workers Voice (11): «Questa solidarietà è più che difendere un attivista perseguitato a livello internazionale, la condanna della Gran Bretagna dovrebbe essere parte di una lotta per porre fine alla diplomazia segreta e ai trattati di controllo sociale stipulati tra gli Stati. La diplomazia segreta serve solo gli interessi dei ricchi e dei potenti che non hanno intenzione di rivelare i loro rapporti internazionali alla gente dei propri Paesi».
Allo stesso modo, la difesa incondizionata della libertà di espressione e di stampa può, in questo caso, scontrarsi con l’ipocrisia dei cosiddetti regimi democratici in cui i governi borghesi tentano di zittire gli oppositori che rivelano i loro segreti.

 

Libertà di stampa

Non si può parlare di libertà di stampa quando i giornalisti palestinesi sono assassinati perché intenti a documentare le atrocità del genocidio posto in opera dallo Stato fantoccio dell’imperialismo Usa; quando nel mondo i giornalisti sono uccisi per il solo fatto di esserlo. Nel 2022 si sono registrati 533 giornalisti arrestati, 57 uccisi, 65 rapiti e 49 risultano dispersi (12).
Le mobilitazioni per la fine della persecuzione di Assange e per la sua scarcerazione rientrano in questa battaglia ma non si limitano a essa. La libertà di espressione e di stampa, la libertà di fruire di informazioni esaurienti e attendibili sono entrambe costantemente negate e messe in discussione dagli organi repressivi e di disinformazione al servizio dei capitalisti. Questi, pur nello scontro feroce fra bande e sette in cui sono divisi, sono complici e alleati nel negare alle classi oppresse le libertà di stampa e d’informazione.
Il compito dei militanti comunisti di offrire informazioni e valutazioni politiche attendibili ai lavoratori, alle classi oppresse e ai popoli è un dovere rivoluzionario. Un doppio diritto democratico che continueremo a far valere nonostante le censure, le intimidazioni, gli ostacoli frapposti dai capitalisti. Diritti che saranno pienamente disponibili solo in una società epurata dalle prepotenze e dalle violenze del capitalismo, una società socialista.

Libertà immediata per Assange!

Libertà per tutti i giornalisti arrestati nel mondo dai governi capitalisti!

Diritto delle masse e delle classi oppresse di fruire di informazioni rilevanti e attendibili!

Abolizione del segreto diplomatico e militare capitalista!

Socialismo o barbarie!

 

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