12 dicembre
Per un vero sciopero generale, unitario e di massa!
Contro il governo e il padronato, con manifestazione a Roma
Le grandi potenzialità di lotta non vanno sprecate!
Di Antonino Marceca
"Noi non pagheremo la vostra crisi" è il grido di lotta che dai trasporti,
dalla scuola, dall'università, dagli ospedali, dalle fabbriche e dai
cantieri... si diffonde nelle strade e nelle piazze nel Paese.
Tra i diversi comparti del lavoro salariato, la lotta dei lavoratori
Alitalia/Cai ha maggiormente attraversato tutti questi mesi di conflitto e
mobilitazione. Una lotta, quella dei lavoratori Alitalia, esemplificativa di
quello che può succedere in un periodo di crisi capitalistica e chiusure
aziendali, quando il posto di lavoro, il salario, i diritti sono messi in
discussione. Quando la difesa di questi diritti presuppone la nazionalizzazione
dell'azienda, senza indennizzo e sotto controllo dei lavoratori. Per questo i
lavoratori Alitalia si sono trovati di fronte il muro compatto, prima del
governo di centrosinistra e poi del governo Berlusconi, quindi gli affaristi e
speculatori coordinati da Colaninno e sostenuti da tutta la burocrazia
sindacale di Cgil, Cisl, Uil, Ugl...
Non a caso martedì 11 novembre il ministro del welfare, Maurizio Sacconi, di
fronte alla fermezza dei lavoratori
Alitalia ha riproposto la necessità di limitare il diritto di sciopero,
richiamando la proposta di legge
discussa e approvata dal Consiglio dei ministri del 17 ottobre.
Quel grido di lotta ci dice che se le mobilitazioni di queste settimane si
concentreranno e unificheranno in una vertenza generale, unitaria e di massa,
la crisi capitalistica sarà pagata dai veri responsabili: le banche e i padroni.
A ottobre hanno iniziato gli immigrati e i sindacati di base
Già dopo pochi mesi dal suo insediamento era chiaro che il governo Berlusconi,
sostenuto da ampi settori del padronato, intendeva muoversi come un bulldozer
sui diritti, le tutele e i salari dei lavoratori. Il governo aveva di fronte
una sinistra riformista (Prc, Pdci, Sd) in crisi di prospettiva dopo due anni
di partecipazione al governo Prodi, mentre la burocrazia della Cgil portava la
grave responsabilità di aver contribuito, assieme a Cisl e Uil, al crollo delle
ore di sciopero durante il governo di centrosinistra, tant'è che alla
Conferenza d'Organizzazione della Cgil, di fine maggio 2008, tutto il dibattito
era centrato sul nuovo modello contrattuale da firmare con governo e Confindustria
e sul processo di costruzione del sindacato unico, sul modello Cisl.
Quando il comitato "Stop Razzismo", povero di mezzi economici, osteggiato da
giornali come il manifesto, trattato con sufficienza dalla sinistra riformista
(Prc, Pdci) e centrista (Pcl, Sinistra Critica), propose per il 4 ottobre la
prima vera manifestazione nazionale a Roma contro la politica securitaria e
razzista del governo, il vento della lotta cominciava a soffiare. Quel giorno a
Roma la strada e la piazza si riempiva di giovani e di lavoratori, nativi e
immigrati, mentre lo spezzone di Alternativa Comunista concludeva la
manifestazione al suono dell'internazionale, circondato dai pugni innalzati dei
lavoratori di ogni continente.
A quella manifestazione seguiva il 17 ottobre lo sciopero generale contro il
governo e il padronato proclamato da Rdb Cub, C. Cobas e Sdl. Quello sciopero
non era soltanto il primo vero sciopero contro il governo e il padronato, esso
dava inizio a quell'onda crescente di mobilitazione nella scuola e nell'università
contro la devastante riforma del ministro Gelmini.
Un'Onda che nel suo crescere coinvolge i lavoratori della scuola e
dell'università, gli studenti medi e universitari, i lavoratori precari e gli
stessi genitori dei bambini delle scuole elementari. Un'Onda che a partire
dallo sciopero della scuola del 30 ottobre sta travolgendo gli istituti medi e
universitari con assemblee permanenti, autogestioni, occupazioni, lotte ad
oltranza, mentre si costituivano le prime organizzazioni di lotta nazionali
degli studenti.
A novembre la crescita delle lotte: dalla Scuola ai pubblici
Il mese di novembre ha visto scendere in campo i pubblici dipendenti contro le
misure del ministro della Funzione
pubblica, Renato Brunetta, e del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti.
Malgrado l'articolazione macroregionale degli scioperi (3 novembre al Centro, 7
novembre al Nord, 14 novembre al Sud),
la debolezza della piattaforma, la disdetta all'ultimo momento di Cisl e Uil, i
lavoratori pubblici di fronte al taglio dei salari, dei diritti e perfino della
contrattazione hanno risposto con una alta adesione e una forte presenza in
piazza.
Una disponibilità alla lotta ancora una volta confermata dalla forte adesione
allo sciopero, malgrado l'immancabile disdetta da parte della Cisl, di questo
14 novembre dei lavoratori dell'Università e della ricerca, a cui si sono uniti
in una grande manifestazione per le vie e le piazze di Roma gli studenti medi e
universitari. E per il giorno dopo, il 15 novembre, sono attesi a Roma almeno
40 mila lavoratori del commercio per lo sciopero indetto dalla Filcams Cgil
contro l'accordo del 18 luglio, il primo di una serie di accordi separati da
parte di Cisl e Uil, che aumenta, a parità di salario, il lavoro per gli
apprendisti e impone maggiori aperture domenicali in un settore pervaso dalla precarietà e dai
part-time.
Le vere potenzialità dello sciopero di dicembre
Anche per dicembre si annunciavano mobilitazioni e lotte. Il 12 dicembre i
metalmeccanici della Cgil avevano programmato una mobilitazione nazionale con
manifestazione a Roma, ad essi si erano affiancati i dipendenti pubblici.
In questo clima il 10 novembre i ministri economici e del lavoro, i segretari
generali di Cisl e Uil, il presidente di Confindustria si riunivano segretamente
per predisporre un nuovo Patto per l'Italia, peggiore di quello del 2002,
appesantito dalle Linee guida sul nuovo modello contrattuale e dalla proposta
di legge reazionaria di limitazione del diritto di sciopero. Il giorno dopo,
l'11 novembre, il Direttivo Nazionale della Cgil all'unanimità dava mandato al
segretario generale per indire lo sciopero generale per il 12 dicembre. Mentre
le modalità dello sciopero erano demandate alla segreteria di lunedì 17
novembre. E' molto probabile che in quella sede verranno decise quattro ore di
sciopero con iniziative e presidi territoriali. Se questa sarà la decisione
della segreteria allora saremo in presenza di uno "sciopericchio", l'estremo
tentativo da parte della burocrazia sindacale di impedire la concentrazione e
l'unificazione delle lotte in una vertenza generale e la necessaria
manifestazione a Roma. D'altronde c'è appena bisogno di ricordare che la
decisione di sciopero generale arriva dopo che si sono consumate diversi
accordi e intese separate da parte di Cisl e Uil, dopo i successi delle
mobilitazioni, in un quadro che vede il settore manifatturiero sempre più
investito dalla crisi capitalistica con licenziamenti dei lavoratori precari,
aumento della cassa integrazione, chiusure aziendali ed esuberi.
Va da sé che la burocrazia sindacale della Cgil, legata ai liberali del Pd e
alla sinistra riformista, non può essere all'altezza dello scontro che si
avvicina, da qui la debolezza e l'insufficienza della proposta. Proprio per
questo riteniamo che la sinistra sindacale in Cgil, la Rete 28 aprile, doveva
battersi per l'unificazione delle vertenze in una grande giornata di lotta e di
sciopero generale con manifestazione a Roma, oltre a rilanciare la necessaria
convergenza con tutto il sindacalismo conflittuale (Rdb Cub, C. Cobas, Sdl), a
partire dalle lotte dei lavoratori Alitalia e del movimento degli studenti e
dei lavoratori della scuola.
Non di meno i militanti e dirigenti sindacali del Partito di Alternativa
Comunista continueranno a battersi per un vero sciopero generale e di massa che
superi l'attuale frammentazione sindacale e di lotta, unifichi e concentri in
una vertenza generale, attraverso una piattaforma unificante, i diversi
comparti del lavoro salariato del pubblico e del privato, i precari, gli
studenti e le masse popolari, blocchi il Paese, spazzi via questo governo
reazionario e faccia pagare la crisi ai veri responsabili: le banche e i
padroni.