Contro la violenza della scuola e dello Stato:
dimissioni di Valditara e di tutto il governo!
di Elio Carosone (studente universitario)
Uno spettro si aggira per la scuola italiana: lo spettro dell’attivismo politico.
Le istituzioni borghesi, ormai da diversi anni a questa parte e sotto governi di ogni colore, hanno incluso nella mannaia della repressione qualsiasi tipo di movimento studentesco, dalle più «sovversive» occupazioni ai più semplici sit-in a difesa dell’ambiente. Dal Barozzi di Modena al de Liguori di Acerra, dal Tasso di Roma al Severi di Milano: le centinaia di studenti che hanno praticato attivismo politico ora ricevono sanzioni e sospensioni, in perfetta linea alle disposizioni del ministro Valditara, che vede un binomio umiliazione/rieducazione straordinariamente ben inserito in una mentalità carceraria (1). Ora si aggiunge la minaccia del cinque in condotta per gli studenti che partecipano alle occupazioni, con conseguente bocciatura.
Verrebbe da pensare che, per subire una così violenta repressione, questi giovani abbiano rivendicato la dittatura del proletariato, quando nella realtà le richieste si attestano su obiettivi minimi: finanziamenti alle gite, manutenzione degli impianti di riscaldamento, sportelli di sensibilizzazione contro la violenza di genere, gestione sostenibile dei rifiuti e dell’inquinamento…
Per spiegare questo fenomeno di criminalizzazione dell’attivismo politico si possono tracciare molte linee, dalla pedagogia «apolitica» post-sessantottina all’amore per la violenza istituzionale dai governi Salvini in poi, ma particolarmente utile ci ritorna l’analisi di una scuola che non è mai stata veramente cambiata dalla riforma Gentile del 1923: la scuola al servizio delle imprese (2).
È palese infatti l’intenzione di formare non «il cittadino», ma il futuro lavoratore, muto e cieco di fronte ad ogni tipo di oppressione, lontanissimo da ogni tipo di impegno politico attivo. Chiunque abbia anche solo l’idea di deviare da questa produzione industriale di alienati è preso e gettato esemplarmente sul rogo, per aver violato «l’ordine naturale delle cose».
Valditara è solo l’ultimo ingranaggio della macchina statale capitalista che non accetta contestazioni o minime deviazioni dallo Studente Ideale, futuro lavoratore. Allo stesso modo sono decenni che la scuola ci educa all’apatia politica e lascia marcire studenti e professori in strutture inadatte, contratti ridicoli e test d’ingresso impossibili.
È evidente come i diritti concessi sotto le pressioni di una stagione di lotte vengano lentamente ritirati, restaurando uno Stato che ben poco ha di diverso dalla defunta Monarchia. Per questo serve ora più che mai fare politica coinvolgendo studenti e lavoratori, costruendo un movimento che cacci Valditara e il governo, creando un’alternativa comunista allo Stato capitalista (aggiungiamo maschilista, omobitransofobico e razzista) che ci reprime e non garantisce un futuro fuori dallo sfruttamento e la devastazione del pianeta.
Note