G20 in Brasile: via gli imperialisti,
i responsabili di genocidi e i loro complici!
di Herbert Claros e Rita Souza (Pstu, Brasile)
L'incontro del G20, che si tiene il 18 e 19 novembre a Rio de Janeiro, con i capi di Stato delle maggiori economie mondiali, avviene in un contesto di profonda crisi del capitalismo, con la classe operaia sempre più colpita dai piani di austerity neoliberali. Un contesto segnato anche dall'avanzata dell'estrema destra in diversi Paesi e da diverse guerre, come quella in Ucraina e il genocidio dello Stato di Israele ai danni dei palestinesi, genocidio che ora si sta estendendo anche al Libano.
Lula avrebbe dovuto rifiutarsi di tenere il G20 in Brasile. È assurdo ospitare un simile vertice, che serve solo gli interessi delle grandi potenze imperialiste, soprattutto in un momento in cui Israele trova la complicità di molti Paesi nel genocidio del popolo palestinese.
Il governo di Lula stende il tappeto rosso a chi ci toglie il sangue
Il governo brasiliano diventa complice dell'imperialismo e del genocidio in Palestina srotolando il «tappeto rosso» a capi di Stato genocidi come Biden (Usa), Macron (Francia), Giorgia Meloni (Italia), Olaf Scholz (Germania) e Sergey Lavrov (che rappresenterà il presidente russo Putin, che non verrà in Brasile). Questi leader sono sponsor diretti dello Stato fascista di Israele e alimentano i profitti delle aziende produttrici di armi a spese delle vite dei palestinesi e dei libanesi.
Inoltre, è assurdo che questo vertice si tenga in Brasile, un Paese che soffre direttamente delle conseguenze del dominio imperialista, che si tratti della crisi ambientale, della precarizzazione del lavoro, della privatizzazione al servizio del mercato o dello smantellamento dei servizi pubblici necessari alla qualità della vita, come l'istruzione e la sanità, ad esempio.
Repressione e cooptazione
Ma il Pt e Lula si sono spinti oltre in termini di collaborazione con l'imperialismo. Per giustificare il controllo della violenza a Rio, in un momento di visibilità internazionale, il governo ha scelto di imporre un Decreto di garanzia dell'ordine pubblico (Glo), che conferisce poteri di polizia ai militari.
Il Glo, previsto dalla Costituzione federale, dà al Presidente della Repubblica il potere di mobilitare le forze armate in situazioni straordinarie di «disturbo dell'ordine pubblico». La domanda è semplice: quale «disturbo dell'ordine pubblico» si aspetta il governo?
L'uso abusivo e arbitrario della violenza, con il serio rischio di adottare misure tipiche di un regime di emergenza, è incompatibile con una reale democrazia, sia in Brasile che a livello internazionale. Il governo utilizza questo strumento di repressione statale per garantire la sicurezza dei leader responsabili di genocidio e dei loro accompagnatori. I movimenti sociali devono sapere che potrebbero utilizzare questa misura per cercare di intimidire e vietare lo svolgimento di manifestazioni di protesta a Rio de Janeiro.
«G20 sociale»: una farsa che serve per controllare i movimenti
Il governo Lula sta agendo anche per cercare di controllare i movimenti sociali. A tal fine, Lula ha creato un'esca chiamata «G20 sociale», che comprende importanti organizzazioni sociali del Paese. Con la pretesa di aprire uno spazio di dibattito sulle questioni sociali per il G20, l'evento, che si svolge dal 14 al 16 novembre, ha lo scopo di controllare i movimenti sociali per evitare le proteste in città. Non esiste un «G20 sociale» e non è mai esistito in nessun vertice internazionale. Nel «G20 sociale» ci saranno workshop e i movimenti sociali invieranno una lettera con «raccomandazioni» ai governi riuniti nel vero G20. Non è necessario essere un attivista altamente istruito per sapere che Biden, Macron o Olaf Scholz non guarderanno nemmeno questa lettera.
All'imperialismo non importa nulla dei movimenti sociali. Non esiste un «imperialismo sociale». Imperialismo è sinonimo di sfruttamento, saccheggio e guerre. Pertanto, quando Lula lancia il «G20 sociale», in realtà sta cercando di cooptare i movimenti sociali in una trappola imperialista funzionale a pacificare le lotte sociali nel mondo.
La cosa più vergognosa, tuttavia, è che la maggior parte delle organizzazioni sindacali e sociali si è unita a questo inganno. Al cosiddetto «G20 sociale» parteciperanno tutte le confederazioni sindacali - ad eccezione del Csp-Conlutas - e gran parte delle organizzazioni dei movimenti sociali che sono legate al governo, politicamente o economicamente, attraverso fondi pubblici destinati a Ong o progetti sociali.
La «Marcia dei Popoli» porta la lotta antimperialista nelle strade
Il punto culminante di questa controversia è la posizione della Central Unica de los Trabajadores (Cut) e del Movimiento de los Sin Tierra (MST), che hanno partecipato alla costruzione del Vertice dei Popoli contro il G20 e hanno rotto con questo processo quando il governo ha dichiarato di non volere alcun tipo di protesta contro il G20.
Durante alcuni degli incontri preparatori del Vertice dei Popoli contro il G20 è emerso il reale intento di queste organizzazioni e di altre che sostengono il governo: cercare di trasformare il Vertice dei Popoli, che tradizionalmente è uno spazio di critica e opposizione all'imperialismo, in uno spazio di collaborazione con l'agenda che il governo sta presentando al G20: la lotta alla fame, lo sviluppo sostenibile (economico, sociale e ambientale) e la riforma della governance globale.
Nonostante alcuni boicottaggi e lo scioglimento di queste organizzazioni, il Vertice dei Popoli contro il G20 avrà un'agenda di dibattiti e manifestazioni durante i giorni del G20.
La lotta antimperialista non è un fenomeno del passato, ma una sfida costante e attuale per la sinistra latinoamericana e brasiliana, che deve continuare a cercare modi per garantire la vera autonomia e indipendenza della classe operaia di fronte alle pressioni dell'imperialismo.
Per questo i militanti del Pstu partecipano al Vertice dei Popoli e alle manifestazioni che attraversano le strade di Rio de Janeiro, per protestare contro il G20 e la presenza, qui nel nostro territorio, dei responsabili di genocidi e dei loro complici.
La storia della lotta antimperialista in America Latina
In America Latina la lotta antimperialista affonda le sue radici in una storia di colonizzazione, schiavitù, genocidio dei popoli nativi e sfruttamento che risale al periodo coloniale, contro i colonizzatori spagnoli e portoghesi.
La Resistenza, soprattutto nel XIX secolo e nei primi decenni del XX secolo, si è consolidata come forza politica centrale, con l'ascesa di movimenti di rivendicazione della sovranità nazionale, socialisti e antimperialisti in risposta al dominio delle potenze europee e, successivamente, degli Stati Uniti.
Gli anni Sessanta e Settanta, con la repressione delle dittature militari nei Paesi dell'America Latina, sostenute e sponsorizzate dagli Stati Uniti, hanno mostrato la forza di questa Resistenza, ma anche il costo umano della lotta contro gli interessi imperialisti nella regione.
Dall'arrivo di Cristoforo Colombo a oggi, la lotta antimperialista nel nostro Continente è segnata dal sangue e dal coraggio dei popoli nativi, degli africani schiavizzati, degli immigrati poveri e della classe operaia. In America Latina è impossibile essere socialisti senza essere antimperialisti!
La sinistra lulista ha abbandonato la lotta antimperialista
Negli ultimi anni, la sinistra brasiliana ha subito un forte processo di adattamento, legando la propria politica alle logiche elettorali e di governo. L'arrivo al potere del Partito dei Lavoratori (Pt) ha significato l'abbandono della storica bandiera della lotta contro l'imperialismo. Oggi la lotta antimperialista rimane un pilastro centrale solo per una parte della sinistra.
Durante i governi di Lula e Dilma, le alleanze con Paesi come gli Stati Uniti sono state ribadite e approfondite, così come le relazioni con il mercato finanziario internazionale sono state rafforzate. Allo stesso tempo, le questioni interne, come il rafforzamento dell'industria nazionale e la difesa della sovranità energetica, hanno iniziato a essere trattate come subordinate agli interessi del grande capitale internazionale, soprattutto con la realizzazione di progetti che prevedono lo sfruttamento delle risorse naturali in partnership con le multinazionali.
In breve, i governi del Pt sono responsabili dell'approfondimento della colonizzazione del Brasile, trasformato in un mero esportatore di materie prime, non solo prodotti agricoli ma anche petrolio.
È necessario rompere con la conciliazione di classe e la conseguente subordinazione all'imperialismo.
In pratica, il governo del Pt e, per estensione, la sinistra brasiliana che lo sostiene, adottano una strategia di conciliazione di classe che smorza le tensioni antimperialiste in nome di uno sviluppo globalizzato guidato dal mercato. Invece di muoversi verso un reale distacco dai meccanismi di dipendenza imperialista, il governo di Lula e parte della sinistra scommettono sull'integrazione nel sistema finanziario internazionale, mantenendo il Brasile come mero esportatore per le grandi potenze economiche.
In uno scenario globale in cui l'imperialismo continua a essere una forza egemonica, che preme e modella il corso dei Paesi periferici, è inaccettabile che la sinistra si allinei con un governo che, pur cercando di apparire progressista in molti aspetti sociali, si posiziona come parte del sistema globale di dominio economico. Il Pt, avvicinandosi ai poteri economici e finanziando grandi progetti globali, non ha messo davvero in discussione le strutture di potere che garantiscono lo sfruttamento dei Paesi più poveri, tra cui il Brasile.
Il sostegno incondizionato al governo di Lula da parte della sinistra brasiliana ha contribuito ad allontanare il movimento da un’opposizione incisiva all'imperialismo. Dando priorità alle questioni interne e sociali, la sinistra è stata assorbita da una politica di conciliazione di classe subordinata agli interessi del capitale internazionale.
La riconquista di un'agenda realmente antimperialista, che includa sia l'avanzamento degli orientamenti e delle lotte sociali sia l'affermazione della sovranità nazionale, è essenziale per riorientare la sinistra in Brasile e dare un nuovo significato alla sua lotta nel XXI secolo.
Articolo pubblicato su www.opiniaosocialista.com.br, 14/11/2024.