Questi dipendenti “assenteisti”, “fannulloni” e “maleducati” esistono e continueranno ad esistere nonostante il Decreto Brunetta, minoranza protetta proprio dai politici, dai dirigenti e dagli amici degli amici dei partiti e delle cordate di potere vicino a Brunetta, o al ministro di turno. Non è contro di loro, infatti, che si rivolge il Decreto Brunetta, ma contro la stragrande maggioranza delle lavoratrici e dei lavoratori pubblici che lavorano ogni giorno per un salario che mediamente si aggira sui 1.000 - 1.500 euro e con carichi di lavoro gravosi, negli asili nido, negli ospedali o nei pubblici uffici, e che “fannulloni” non sono, ma isolati sicuramente sì, e soprattutto disarmati da una politica sindacale concertativa e collaborazionista che negli anni ha preparato il terreno per quest’ennesimo e rivoltante attacco.
Il “decreto legislativo d’attuazione della legge 4 marzo 2009 n.15 in materia d’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e d’efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni” (meglio conosciuto come Decreto Brunetta), del 27 ottobre 2009, stabilisce che ogni Amministrazione, singolarmente o in forma associata, deve dotarsi di un “Organismo indipendente di valutazione della performance” (il dipendente pubblico per Brunetta non eroga un servizio, ma si esibisce in una “prestazione”). Per quanto riguarda i lavoratori il cuore (si fa per dire) del decreto è contenuto in questi passaggi: “E’ fatto divieto di distribuire gli incentivi in maniera indifferenziata o sulla base d’automatismi estranei al processo di valutazione”. “In ogni graduatoria il personale è distribuito in tre fasce in modo che: a) il 25% è collocato nella fascia di merito alta, alla quale corrisponde l’attribuzione del 50% delle risorse destinate al trattamento accessorio collegato alla performance individuale; b) il 50% è collocato nella fascia intermedia alla quale corrisponde l’attribuzione del 50% delle risorse destinate al trattamento accessorio …; c) il restante 25% è collocato nella fascia di merito bassa, alla quale non corrisponde l’attribuzione di alcun trattamento accessorio…” (comma 2. art.19).
In poche parole il salario accessorio non sarà più oggetto di contrattazione, a parte un’esigua percentuale, ma sarà disciplinato per legge attraverso un meccanismo di meritocrazia affidato ai dirigenti. In questo modo solo il 25% dei lavoratori potrà avere il massimo della produttività, metà del personale solo il 50% e il 25 % nulla. Qualsiasi strumento oggettivo per la valutazione è spazzato via e i salari s’impoveriranno ulteriormente per la maggior parte dei lavoratori. S’inasprisce inoltre il codice disciplinare prevedendo in alcuni casi il licenziamento senza preavviso e si profila il rischio della possibilità per l’Amministrazione di licenziare i dipendenti “scomodi”. Un lavoratore potrà essere licenziato senza preavviso in diversi casi, fra i quali la “reiterazione nell’ambiente di lavoro di gravi condotte aggressive e moleste o minacciose o ingiuriose o comunque lesive dell’onore e della dignità personale altrui”. Anche il dipendente al quale sarà assegnato un “insufficiente rendimento” per almeno un biennio potrà essere licenziato.
I comparti della Pubblica Amministrazione sono ridotti a quattro e la loro composizione prefigura il tentativo d’impedire la presenza e la rappresentanza delle organizzazioni di base ai tavoli della trattativa nazionale. Le elezioni Rsu della scuola non si faranno alla scadenza, ma sono spostate a novembre 2010 e quindi le Rsu esistenti resteranno in carica ancora un anno.
"Abbiamo espresso forte condivisione nei confronti del provvedimento del ministro Brunetta". Lo ha detto il direttore generale di Confindustria, Giampaolo Galli, commentando in conferenza stampa a palazzo Chigi il decreto. (Il Sole 24 Ore Radiocor, Roma 05/10/09).
La falsa opposizione di qualche sindacato che, anziché organizzare i lavoratori in una protesta per il ritiro del decreto, si è limitato a suggerire correttivi al testo, ha ancora una volta dimostrato la collaborazione con il governo e l’adesione ideologica alle sue proposte, ed è la logica conseguenza dei contenuti del famoso Memorandum, firmato all’epoca del governo Prodi da tutte le organizzazioni sindacali concertative.
E’ evidente che lo scopo principale del padronato è quello di innescare una guerra tra poveri senza precedenti fra i dipendenti della Pubblica Amministrazione, in modo che, anziché organizzarsi unitariamente per pretendere diritti e salari dignitosi, saranno impegnati, secondo il progetto del ministro, a dimostrare di essere più meritevoli del proprio compagno di lavoro.
Le privatizzazioni, i tagli alla sanità e alla scuola, i licenziamenti degli “improduttivi”, non riguardano un futuro lontano, ma l’oggi. E’ necessario porre l’urgenza della costruzione di un vero sindacato di classe e di un partito realmente comunista che abbiano la forza di organizzare i lavoratori e rappresentarne gli interessi, al di fuori di logiche concertative e di compatibilità con il sistema.