Partito di Alternativa Comunista

L'ONDA NON ARRETRA, PRENDE LA RINCORSA!

L'ONDA NON ARRETRA, PRENDE LA RINCORSA!
 
Trasformiamo lo sciopero generale del 12 dicembre
in una grande mobilitazione ad oltranza
fino alla cacciata del governo Berlusconi!
 
 
 
di Fabiana Stefanoni
 
La Gelmini si dice "rasserenata": è riuscita, in gran segreto, per la prima volta da settembre, a portare a termine un intervento davanti a qualche decina di giovanotti prezzolati di Forza Italia in una imboscatissima sala conferenze di Milano.
 Un vero e proprio evento, in effetti: da mesi ormai, ovunque il ministro metta piede, viene accolta da manifestazioni di protesta, uova, insulti, grida di disprezzo di studenti e lavoratori della scuola e dell'università. Per riuscire a farle terminare, per una volta, la lettura del suo intervento (non si sa se con gli accenti giusti o meno) il governo ha dovuto organizzare un appuntamento top secret, degno di un film di spionaggio: chiamare ad uno ad uno i componenti del pubblico (pagato, e non pagante, in questo caso), guardarsi bene dal fare comunicati stampa, avvertire i giornalisti solo a conferenza iniziata. E così ha potuto finalmente esibire il suo trofeo: "la prima conferenza della Gelmini senza proteste!" "La protesta si sta riducendo, restano solo poche frange a contestare". Poco conta che, due giorni prima, nella stessa città, sfilassero per le strade decine di migliaia di lavoratori della scuola, studenti, ricercatori per chiedere il ritiro di tutti i provvedimenti su scuola e università.
 
 
Legge 133: la madre di tutte le disgrazie
La recente approvazione in Senato del decreto sull'università è solo l'atto più recente (e non l'ultimo, purtroppo) di un piano di drastico ridimensionamento dei fondi all'istruzione pubblica che ha origine in una calda giornata di mezza estate. Il 6 agosto 2008 il Parlamento - guarda caso in piena estate, quando è impossibile scioperare o occupare le scuole - ha varato (con voto di fiducia) la famigerata legge 133. Si tratta di una legge che non ha altro scopo se non quello di confezionare 8 miliardi di tagli ai servizi pubblici, istruzione in primis. E' quella la madre di tutte le disgrazie: una legge posta alla fiducia in un pomeriggio d'inizio agosto (a malapena i telegiornali ne hanno parlato).
Come si ottiene il risparmio? Da che mondo e mondo, in primo luogo col taglio del personale. Lì, scritto nero su bianco, è previsto il taglio di più di 130 mila lavoratori della scuola (che triplica i già pesantissimi tagli voluti da Fioroni, il ministro del governo Prodi). Tutto ciò che ne è seguito e che ne seguirà non è altro che un modo per infiocchettare quel taglio: introduzione del maestro unico, taglio del tempo pieno, smantellamento delle sperimentazioni alle superiori e ridimensionamento del monte ore, aumento del numero massimo di alunni per classe, ecc. Le lotte sono riuscite a strappare, per ora, un piccolo risultato: è stata "rimandata" al 2010-2011 la chiusura di molti istituti che si voleva chiudere o accorpare fin da subito.
Ovviamente a fare le spese dei tagli saremo, per primi, noi lavoratori precari, destinati alla disoccupazione. Ma anche per chi è già in ruolo non si annunciano tempi rosei. Col taglio delle ore di insegnamento, molti docenti saranno costretti a spostarsi in altri istituti. Oltre a questo, i già miseri stipendi verranno ulteriormente decurtati: già ora ammalarsi nel pubblico impiego significa perdere parte della retribuzione; inoltre, in virtù della preintesa firmata da Cisl, Uil e Snals - lo stesso giorno dello sciopero della scuola del 30 ottobre! - il prossimo rinnovo del contratto priverà i lavoratori della scuola persino dei già miseri compensi accessori, che verranno attribuiti solo a una fascia ristretta di non meglio precisati "meritevoli". Tutto questo va ad aggiungersi alla perdita del potere d'acquisto dei salari per il carovita.
Se per i lavoratori della scuola si tratta di un vero e proprio sfacelo, anche per studenti e famiglie è una bella mazzata: il tempo pieno a scuola non sarà più garantito, ma diventerà "una possibilità" a spese degli istituti (che già faticano oggi a provvedere alle spese - si pensi ai supplenti che spesso restano mesi senza essere pagati dalle scuole perché non ci sono i fondi! - figuriamoci se riusciranno a porre argine a ulteriori tagli); la qualità dell'insegnamento sarà sempre più scadente, con insegnanti chiamati a insegnare materie per le quali non hanno competenze; le spese a carico delle famiglie diventeranno sempre maggiori.
 
 
Ma quale lotta al baronato!
La legge 133 prevedeva anche la privatizzazione dell'università, che le proteste sono riuscite parzialmente a frenare. Infatti, la trasformazione delle università pubbliche in "fondazioni di diritto privato", che inizialmente era prevista a partire da gennaio 2009, è stata rimandata all'anno accademico successivo. Il progetto non è stato per ora ritirato, ma il primo piccolo risultato raggiunto ci dice chiaramente che solo la lotta paga: ora bisogna andare avanti fino a piegare il governo e costringerlo al ritiro di tutti i provvedimenti su scuola e università. Il decreto legge sull'università recentemente approvato al senato - che segue l'approvazione del dl 137 che ha reintrodotto il maestro unico alle elementari - è stato presentato dal governo come un provvedimento innovativo, utile per scalfire "il potere dei baroni". Nulla di più falso! Si tratta, ancora una volta, di una legge funzionale al risparmio: a fare le spese saranno i giovani ricercatori, altro che i baroni!
E' infatti previsto il blocco delle assunzioni nelle università, cosa che, alle orecchie di tanti giovani e, ahinoi, meno giovani ricercatori che da decenni campano con 800 o 1000 euro al mese non suona certo bene... Se fino ad ora le prospettive di assunzione erano già basse, da domani diventeranno bassissime: gli atenei indebitati (e non sono pochi!) saranno esclusi per il 2008/2009 dai fondi straordinari per il reclutamento dei ricercatori. Non solo: i già miseri stipendi dei ricercatori (si arriva a punte di... 1400 euro al mese dopo anni di servizio!) verranno ulteriormente decurtati: gli scatti biennali di stipendio non saranno più automatici ma vincolati a pubblicazioni (notoriamente pilotate dai baroni, a proposito di lotta al baronato...). Su questo dolce avvelenato, il ministro aggiunge una spruzzatina di cognac: cambia la composizione delle commissioni (tanto non costa nulla) e si assegna qualche borsa di studio agli "studenti meritevoli" (privilegiando i criteri meritocratici rispetto a quelli legati al reddito). Ma la batosta più grossa, cioè la privatizzazione, deve ancora arrivare: e non la faremo arrivare!
 
 
Solo la lotta paga! L'importanza dello sciopero del 12 dicembre
Il mondo della scuola e dell'università ha conosciuto in questi mesi un momento di straordinaria mobilitazione: dagli scioperi dei lavoratori di scuola e università, alle manifestazioni studentesche, l'Onda ha messo in crisi il governo e non intende fermarsi. L'unica strada realistiche per impedire il massacro dell'istruzione pubblica in Italia è quella della lotta ad oltranza fino al ritiro di tutti provvedimenti su scuola e università, a partire dalla Legge 133. Occorre prendere ad esempio le lotte dei giovani francesi che, nel 2006, riuscirono a mettere in ginocchio il governo e imporre il ritiro delle leggi precarizzanti: occorre un coordinamento nazionale delle lotte, che veda i lavoratori al fianco degli studenti. Occorre respingere la proposta di referendum, e non solo perché viene da quei partiti (Pd e Rifondazione) che, nel governo Prodi, hanno creato le basi per questo massacro (si pensi ai 40 mila tagli di Fioroni o alla trasformazione delle scuole in fondazioni col decreto Bersani). Il referendum ha come unico effetto quello di depotenziare le lotte in cambio di nulla: non potrebbe, per legge, mettere in discussione i tagli ai finanziamenti all'istruzione pubblica (il referendum non può riguardare questioni relative al "bilancio dello stato") e, soprattutto, si svolgerebbe, nella migliore della ipotesi, nel 2010, quando i giochi saranno fatti (e noi precari disoccupati da tempo...).
Prossimo momento importante di lotta sarà lo sciopero generale del 12 dicembre, indetto sia dalla Cgil che da Cub, Cobas e SdL. Si tratta di una scadenza importante, che le regioni burocrazie dirigenti della Cgil hanno voluto depotenziare indicendo solo 4 ore di sciopero (anche se alcune categorie scioperano 8 ore, come la Fiom e gli agroalimentari), col risultato che non si avrà nemmeno una grande manifestazione nazionale a Roma. Al governo reazionario che vuole spremere i lavoratori fino all'ultima goccia di sangue, che mette in discussione il diritto di sciopero, che privatizza i servizi pubblici per finanziare le banche e le guerre, i lavoratori devono dare una risposta netta: la crisi la paghino i padroni! Per questo occorre trasformare lo sciopero del 12 dicembre in mobilitazione di massa e a oltranza fino alla cacciata del governo. Il Partito di Alternativa Comunista ci sarà.

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