di Antonella Rossi (*)
La duttilità, la resistenza al calore, l'indistruttibilità ne hanno reso possibile l'utilizzo in moltissime produzioni: dal settore dell'amianto cemento a quello dei materiali ferroviari, dal settore automobilistico a quello tessile; addirittura una grossa presenza di amianto si è avuta nel settore alimentare. Il costo pagato dagli operai è stato enorme: il tasso di mortalità rilevato e le malattie contratte da esposizione a fibre di amianto hanno raggiunto, ad oggi, dimensioni gigantesche.
Dal
1960, in una conferenza mondiale della sanità, viene denunciato l'amianto come
causa di malattie letali: l'asbestosi, alcune forme di carcinoma e il
mesotelioma, un tumore tipico amianto connesso.
E' bene, inoltre, segnalare l'aumento dei casi di
mesotelioma, causati da fibre liberate nell'ambiente, riscontrati in persone
che non hanno avuto contatti di natura professionale con la letale sostanza
messa al bando nel 1992, ad indicare l'enormità del danno ambientale e sociale
prodotto dall'uso di detto minerale, nonché la drammaticità dei dati relativi
alla contrazione delle suddette malattie cagionata dall'esposizione i cui tempi
di latenza possono variare dai venti ai trent'anni: il che significa che se il boom dell'uso dell'amianto in edilizia
(i famigerati tetti in eternit) e in molti altri settori produttivi (dai freni
per le auto ai giocattoli) è stato tra gli anni '60 e '80, la manifestazione di
patologie dovute a questa sostanza aumenterà nei prossimi anniI
padroni sapevano sin dal momento in cui l'amianto è stato introdotto nei cicli
di produzione che avrebbero condannato a morte gli operai: ciononostante,
seguendo la logica del profitto, hanno continuato ad utilizzare questo minerale
micidiale. E' stato un omicidio premeditato e costantemente perpetrato da parte
di una classe nei confronti di un'altra, degli industriali nei confronti degli
operai, con un impatto complessivo ambientale di dimensioni smisurate.
COME GOVERNO, PADRONI, BUROCRAZIE TRAMANO CONTRO I LAVORATORI
La
legge 257/92 ha introdotto il divieto di utilizzo di amianto nei luoghi di
lavoro e l'obbligo delle aziende di avviare programmi di bonifica, nonché il
tentativo di assicurare almeno un beneficio di tipo pensionistico agli operai
esposti. Tuttavia, in molti siti produttivi l'amianto è ancora presente e nel
contempo gli operai pagano il prezzo della umiliante pratica del riconoscimento
dell'esposizione, che nella maggior parte dei casi si è trasformata in un lungo
contenzioso giudiziario contro l'Inps.
In
definitiva sotto quest'ultimo versante sono ancora una volta gli operai esposti
a pagare il prezzo del profitto: alcun obbligo risarcitorio a carico dei
padroni, ma una misura legislativa diretta a gravare le casse pubbliche,
attraverso il riconoscimento, previo accertamento giudiziale, dei benefici
pensionistici ai lavoratori esposti, chiamando questi ultimi al rispetto di
numerose condizioni di ammissibilità alla proponibilità del ricorso giudiziale
limitando l'accesso ai benefici pensionistici previsti dalla 257.Oggi
il parlamento, sostenuto apertamente dalla Confindustria, dall'Inail, dall'Inps
e dal sindacato, sta cercando di chiudere definitivamente la questione. Il
mezzo utilizzato è una proposta di legge, il testo Tapparo, frutto di un lungo
lavoro di mediazione tra tutte le forze politiche.Il
ruolo concertativo del sindacato ha ingenerato un arretramento della classe
operaia. Un arretramento che va ricercato nella costante collaborazione di
classe delle burocrazie sindacali e politiche che sulla pelle degli operai
hanno consumato innumerevoli accordi con il padronato. La fabbrica, la
ricchezza prodotta da enormi sacrifici dei lavoratori dovrebbero essere di
proprietà dei produttori e non di imprenditori che, incuranti persino delle più
elementari norme di tutela della salute, hanno realizzato ingenti profitti
attaccando costantemente la classe operaia anche sul versante della sua
integrità fisica.
UN'ESPERIENZA DA IMITARE: L'AUTORGANIZZAZIONE OPERAIA A LATINA
L'autorganizzazione
degli operai contro le forme di abuso e di sfruttamento nei luoghi di lavoro è
la risposta agli attacchi dei padroni.
Così a Latina e nella provincia (così
come in numerose altre realtà in tutto il territorio nazionale), gli operai,
dopo aver registrato la completa assenza dei sindacati confederali, i quali
hanno concertato gran parte dei piani di sicurezza con la DA, si sono autoorganizzati
costituendo dei comitati di lotta contro l'egemonia dei padroni e contro le
politiche capitalistiche.In
particolare con la nascita di comitati di lotta contro l'amianto nati in
numerosi stabilimenti di Latina e provincia, Nexans, Chemtura, Alcoa, Fiat
Iveco, Sicamb (solo per citarne alcuni) ‑ sostenuti solo da Alternativa
Comunista ‑ si è riaccesa la memoria dell'autorganizzazione e del conflitto:
una risposta che rappresenta, tanto più oggi, un importante risultato per la
nuova generazione operaia, per il rilancio di un protagonismo dei lavoratori
che vogliono riprendere in mano il loro futuro. Una lotta operaia che intreccia
un possibile autunno esplosivo dei lavoratori italiani, da cui emergono forme
di radicalità che fanno ben sperare nell'avvio di un conflitto di massa e
generalizzato che apra la strada alla cacciata del governo Berlusconi, per un
nuovo governo dei lavoratori per i lavoratori.
(*) Direttivo Sezione di Latina del Pdac