Partito di Alternativa Comunista

Sui DICO

Dico
La famiglia “consacrata” non si tocca
 
 
di Pia Gigli
 
Approvato dal Consiglio dei ministri l’8 febbraio scorso, il disegno di legge sui “Diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi” (Di.co.) qualche giorno fa è approdato in commissione giustizia del Senato.
Il ddl sui Di.co. sta rappresentando in questi giorni il pretesto per ristabilire equilibri e rapporti di forza in tutto il quadro politico, con un ruolo pesante svolto dalle gerarchie vaticane.

Il ddl è frutto di un lavoro congiunto delle ministre Pollastrini (ministro delle Pari opportunità) e Bindi (ministro della Famiglia) che tende a dimostrare, con un esempio concreto e per di più su un tema cosiddetto “sensibile”, la possibilità di raggiungere il giusto compromesso da parte di Ds e Margherita, in un momento cruciale per la costruzione del futuro Partito democratico.
La recente crisi del governo Prodi, oltre che su questioni ben più decisive di politica estera, si è consumata anche su questo tema: il voto di Andreotti, determinante per la caduta del governo, si è rivelato legato anche alla sua netta contrarietà alle unioni tra persone omosessuali, mostrando la sua inossidabile funzione di agente del Vaticano in parlamento; lo stesso Prodi ha escluso il tema delle unioni civili dai 12 punti su cui ha ricomposto il governo, prendendo le distanze dal ddl approvato dal consiglio dei ministri, riaffidando il tutto alle aule parlamentari e lasciando libertà di coscienza sul tema ad ogni singolo parlamentare. Ciò significa che vista la precarietà del governo al Senato, probabilmente una legge sulle unioni civili verrà rimandata alle calende greche e forse non si farà mai. Infatti, già in occasione del primo esame in commissione giustizia del Senato, il presidente Salvi ha escluso che il ddl sui Di.co. sarà il testo base per i lavori, adducendo critiche di tipo giuridico e facendo proprie le posizioni di Prodi che ha abbandonato i Di.co. al destino parlamentare.
 
Ma il ddl Bindi-Pollastrini è un passo avanti in tema di diritti?
Si tratta di una legge sulla “convivenza”, come recita il titolo, che nulla ha a che vedere con un vero riconoscimento pubblico delle unioni di fatto. Si esprime infatti, come da programma elettorale dell’Unione e su input delle gerarchie vaticane, sulla base del diritto individuale, evitando accuratamente di proporre unioni che richiamino anche lontanamente il matrimonio: “Abbiamo riconosciuto alcuni diritti individuali, ma senza equiparare i conviventi ai coniugi” ha affermato il ministro Bindi.
Lungi dall’essere “il meglio che si potesse ottenere”, come sostiene la cosiddetta sinistra radicale di governo, la realtà è un’altra. Le persone omosessuali sono comunque discriminate, infatti le loro unioni di coppia, come anche le coppie eterosessuali, non saranno mai riconosciute pubblicamente poiché la dichiarazione deve essere “contestuale” e non “congiunta”. Ma la beffa raggiunge il colmo nel momento in cui i vantaggi che la legge pretende di stabilire, vengono delegati ad altri e senza alcun criterio. Così avviene per l’assistenza al partner in caso di malattia, materia che viene affidata alle specifiche discipline delle strutture ospedaliere con la conseguente disparità di trattamento tra strutture laiche o cattoliche, pubbliche o private; così avviene per i trattamenti previdenziali e pensionistici, per i quali si demanda la disciplina alla futura riforma delle pensioni; così avviene per l’assegnazione degli alloggi popolari che viene delegata agli enti locali e, ancora, in materia di lavoro, circa trasferimenti e assegnazioni di sede per l’avvicinamento dei partner, se ne demanda la disciplina ai contratti collettivi. Infine in materia di successioni bisogna dimostrare di aver convissuto per tre anni per il contratto di locazione e ben nove per la successione patrimoniale.
 
Rivendicazioni democratiche e lotta di classe
Si tratta dunque di un compromesso al ribasso per il movimento omosessuale e per tutti i movimenti che lottano contro le discriminazioni sessuali e per il riconoscimento dei diritti civili. Sui loro corpi, sulle loro rivendicazioni di autodeterminazione e sull’illusione (per chi ancora ne nutre qualcuna) che questo governo possa “essere permeabile” alle loro istanze, si abbatte l’attacco della morale vaticana sostenuta dai partiti di governo con un unico disegno: sostenere la famiglia consacrata, eterosessuale, come unica forma “naturale” di convivenza, sulla quale più agevolmente esercitare il controllo delle persone relegandole in ruoli prestabiliti e funzionali al sistema economico e sociale.
La manifestazione del 10 marzo “Diritti ora!” ha mostrato la profonda incompatibilità tra le istanze del movimento e il ruolo di ammortizzatore delle lotte svolto dalla cosiddetta sinistra di governo. Nella piazza si sono espressi chiaramente dissensi profondi rispetto alla proposta del governo, giudicata un compromesso al ribasso e inaccettabile. D’altra parte, la presenza dei ministri Ferrero, Pecoraro Scanio, Pollastrini e il seguito di sottosegretari e politici di centrosinistra variamente titolati, oltre che della Cgil, si giustificava con l’intento di fare di quella manifestazione una manifestazione a sostegno di un provvedimento governativo (ddl sui Di.co.), finendo quindi per essere una manifestazione di sostegno a “questo” governo.
E’ necessario invece che tutti i movimenti di lotta per i diritti civili si rendano conto, dal momento che le loro rivendicazioni, anche le più moderate, non hanno avuto soddisfazione, che occorre cambiare strategia. Occorre abbandonare ogni formula di pressione sul governo, autonomizzandosi e costruendo un fronte unico di lotta con i settori sociali che sono oppressi e discriminati nella società: i lavoratori, gli immigrati, le donne. Noi del PdAC pensiamo che ogni tentativo di conquistare “diritti democratici” nella società borghese è vano se non viene perseguito dal versante di classe, proprio nella costruzione di un blocco sociale di alternativa di società e di potere.

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