Partito di Alternativa Comunista

Pacchetto sicurezza e decreto "anti-crisi"

Pacchetto sicurezza e decreto "anti-crisi"

Razzisti e truffatori di mezza estate

 

 

di Fabiana Stefanoni

 

Sacconi, Tremonti, Maroni: sono queste le "escort" del premier di cui gli italiani dovrebbero preoccuparsi. Mentre imperversa - sulla stampa, ma non sulla "tv di regime" - lo spettacolo dei festini e delle notti hard a pagamento del premier Berlusconi, il governo affronta la crisi economica coi due strumenti che il capitale ha sempre usato in congiunture analoghe a quella odierna: la ricerca del "capro espiatorio" all'interno della classe lavoratrice per spezzare l'unità dei lavoratori in favore di quella coi padroni; l'intervento dello Stato a sostegno dei truffatori, cioè dei banchieri e dei capitalisti che hanno immiserito i lavoratori.

Come già lo scorso anno (ricordiamo la famigerata Legge 133 che prevedeva 8 miliardi di tagli nel pubblico impiego, varata a inizio agosto), le mazzate più pesanti arrivano sempre a metà estate: quando le fabbriche e le scuole sono chiuse o stanno chiudendo, quando è impossibile scioperare o organizzare proteste di largo respiro.

 

Il decreto anti-crisi: ancora regali ai truffatori

 

Il decreto legge fiscale che, mentre scriviamo, sta per passare alla Camera per poi essere discusso al Senato, ben esprime le due principali preoccupazioni dei capitalisti di casa nostra: quella di minimizzare le perdite di profitto e quella di procrastinare l'esplosione del conflitto sociale di fronte alla prospettiva della disoccupazione di massa.
Per quanto riguarda il primo aspetto, gli azionisti della grande industria possono tirare un sospiro di sollievo. Mentre si impone il pagamento delle tasse (con tanto di mora per gli arretrati non pagati) ai terremotati dell'Aquila che vivono in container a quaranta gradi all'ombra, vengono detassati al 50% gli utili reinvestiti dalle imprese per l'acquisto di macchinari: tasse per chi non ha più nulla, nemmeno un tetto sotto cui dormire, sconti fiscali per chi accumula miliardi di euro. Similmente, le imprese avranno in regalo sconti sull'utilizzo dell'energia (in cambio l'Eni vedrà garantito il protrarsi delle missioni di guerra in Medio Oriente, Afghanistan anzitutto) e avranno piogge di incentivi se "rinunciano" a licenziare. Un po' come regalare succulente caramelle agli orchi che rinunciano a mangiare bambini.
Per i banchieri è la stessa dolce musica. Dopo aver truffato milioni di lavoratori convincendoli a convertire i pochi risparmi in azioni che si sono trasformate in carta straccia; dopo aver salassato famiglie con mutui a tassi stratosferici; dopo aver costruito il castello di carta di una finanza che è crollata trascinando milioni di persone sul lastrico, oggi, quegli stessi banchieri, sono trattati coi guanti. Le uniche, seppur innocue, misure restrittive per le banche che erano presenti nel decreto sono state stralciate: le banche potranno continuare impunemente a strangolare i lavoratori con tassi d'interesse che ormai non sono altro che usura legalizzata. In questo quadro, l'impunità per quei capitalisti che hanno esportato illegalmente i capitali all'estero - al fine di garantirne il rientro - è solo la ciliegina sulla torta.
La finta opposizione parlamentare (Pd e Idv) si è limitata a qualche rilievo di forma (criticando il ricorso alla fiducia, come se il governo Prodi non fosse stato maestro in questo senso) e lamentando una scarsa attenzione per la piccola e media impresa, per la quale rivendicano maggiori incentivi. Non è un caso che il governo Berlusconi, che ha avuto il sostegno proprio della piccola e media impresa e che non è considerato il migliore governo possibile dal grande capitale di casa nostra (che alle politiche ha sostenuto infatti il centrosinistra), oggi storca il bastone da quella parte. Le manovre e gli scandali sulle "escort" - orchestrati da settori del capitalismo italiano che non ritengono Berlusconi adatto ad affrontare la delicata congiuntura economica e sociale e che preferirebbero un governo tecnico, sostenuto dall'opposizione, più adatto ai loro occhi a tamponare il dissenso - hanno avuto questo come primo effetto: Unicredit, Bnl, Mps, gruppo Fiat e tutti gli altri settori del grande capitale industriale e della finanza, che di solito preferiscono i salotti di D'Alema a quelli del premier, ottengono un contentino e, per un po', potranno accomodarsi anche loro, come la D'Addario e le altre prostitute di alto bordo, a palazzo Grazioli. 

 

Il timore di un autunno caldo

 

Ma sono soprattutto i provvedimenti che riguardano la classe operaia che gettano luce su quelle che sono le vere preoccupazioni del grande capitale italiano. Senza contare la riduzione delle ore di lavoro e il ricorso massiccio alla cassa integrazione, sono centinaia di migliaia i posti di lavoro già persi. A pagare i costi della crisi per primi sono gli strati più ricattabili della classe lavoratrice: i precari e gli immigrati, che possono essere lasciati sulla strada per un semplice "mancato rinnovo", del contratto di lavoro o del permesso di soggiorno. Ma, ormai, è chiaro a tutti che la crisi è destinata a protrarsi e ad approfondirsi con conseguenze nefaste per la stragrande maggioranza dei lavoratori salariati e della piccola borghesia (artigiani e commercianti). Da un'indagine del Sunia-Cgil emerge che già nel 2008 c'è stato un boom delle sentenze di sfratto per morosità: la maggioranza degli sfratti riguardano operai (licenziati o in cassa integrazione), seguiti da precari che hanno perso il posto di lavoro, pensionati e immigrati.
Le ore di cassa integrazione (ordinaria e straordinaria) hanno raggiunto ormai livelli da record. La logica che sta alla base del ricorso massiccio a questo ammortizzatore sociale è evidente, soprattutto ai padroni: preservare gli utili degli azionisti scaricando le spese sulla collettività, cioè ancora una volta sui lavoratori. Ma la cassa integrazione si sta rivelando uno strumento prezioso per il padronato anche per un altro motivo. Rispondendo alla domanda di un giornalista che le chiedeva se temesse esplosioni di tensioni sociali come in Francia e Inghilterra, il presidente di Confindustria Marcegaglia ha così risposto: "la cassa integrazione si è rivelata utilissima (...) è giusto dare atto del senso di responsabilità con cui le aziende e a livello locale i sindacati hanno gestito la crisi. (...) La Cgil e la Fiom si stanno comportando bene, pure nelle zone considerate più calde: da Brescia a Reggio Emilia" (La Repubblica, 27/04/2009). Di fatto, il ricorso alla cassa integrazione - che allontana i lavoratori dalle fabbriche, li isola, spezza quei legami minimi di solidarietà che si creano sui luoghi di lavoro e che servono per organizzare le lotte - si sta rivelando una manna dal cielo per i padroni. E' per questo che il decreto di Tremonti potenzia questo strumento, oltre ai cosiddetti "contratti di solidarietà" (che liberano le aziende anche dall'onere di pagare ad ogni operaio il suo misero intero salario): 40 milioni di euro vengono stanziati per l'integrazione salariale per i contratti di solidarietà, 25 milioni per il rifinanziamento delle proroghe a 24 mesi della cassa integrazione straordinaria per cessata attività. L'operaio che decide di mettersi in proprio - è "proprio" il momento giusto, viene ironicamente da dire: con migliaia di attività commerciali e artigianali sul lastrico... - potrà licenziarsi subito e incassare le mensilità rimanenti di integrazione salariale. Un imbroglio, che serve solo a scongiurare, come gli altri ammortizzatori sociali, il controllo operaio sulle fabbriche.
Si tratta di provvedimenti che tradiscono le reali preoccupazioni di governo e padronato: il rischio di autunno caldo è reale e quello che sta succedendo negli altri Paesi europei, dalla Francia all'Inghilterra, non fa dormire sonni tranquilli ai capitalisti e ai loro portavoce: le occupazioni delle fabbriche cominciano a diventare un pericoloso spettro che s'aggira per l'Europa.

 

Il pacchetto sicurezza: razzismo per dividere la classe lavoratrice

 

Non stupisce che, nel momento in cui si aggrava la crisi del capitalismo, i governi - di tutti gli schieramenti - varino leggi di stampo razzista. La legge che in Italia introduce il reato di clandestinità e istituzionalizza le "ronde", associata all'aumento del numero di militari nelle principali città italiane, prefigura uno scenario ben preciso: il capitale è pronto a far ricorso a bande armate per contrastare l'esplosione di disordini sociali. La legge che porta la firma di Maroni inasprisce i provvedimenti già contenuti nel pacchetto sicurezza imbastito, ai tempi del governo Prodi, da Amato e Ferrero. La logica è sempre la stessa, ora esasperata: difendere i profitti dei padroni creando divisioni all'interno della classe lavoratrice attraverso il capro espiatorio dell'immigrato. Non è da escludersi che, nella prossima fase e con l'inasprirsi del conflitto sociale, i padroni decidano di finanziare bande organizzate di stampo xenofobo e neofascista (i casi dell'Ungheria e della Gran Bretagna parlano chiaro). Per questo, è necessario organizzare fin da subito la difesa operaia. Anche se nel silenzio dei media e nonostante il ruolo di pompieri - tanto più nefasto in un momento come questo - esercitato dai sindacati concertativi, in alcune regioni stanno cominciando a ripetersi esperienze, per ora limitate, di lotte ad oltranza e picchetti operai. Sarà proprio a partire da queste esperienze che i lavoratori, nativi e immigrati, dovranno organizzare l'autodifesa.

 

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