Basta
violenza contro le donne!
Susanna Sedusi
Le pagine di cronaca di
quotidiani, giornali radio e telegiornali degli ultimi mesi hanno avuto come
argomento costante eventi di inaudita violenza contro le donne. Stupri e
omicidi i cui autori sono stati facilmente individuati dopo indagini durate
qualche settimana. Episodi di estrema gravità che rappresentano la punta di un
iceberg: la quotidiana violenza contro le donne.
Definita ginocidio dal movimento
femminista degli anni '70 e da un recente saggio (D. Danna Genocidio. La
violenza contro le donne nell'era globale, Ed. Eleuthera, 2007) di cui consiglio la lettura, la
violenza contro le donne è stata anche oggetto di un'indagine effettuata dall'Istat
e finanziata dal Ministero per i diritti e le Pari Opportunità nel 2006. La
ricerca si è basata su interviste telefoniche ad un campione di 25 mila donne
di età tra i 17 e i 70 anni residenti in tutto il territorio nazionale
effettuate da gennaio ad ottobre del 2006. I risultati dell'indagine sono
eclatanti, essi mostrano attraverso numeri e percentuali una condizione
femminile di sopraffazione e paura.
I risultati delle ricerche
Ecco alcuni dati: sono stimate in
6 milioni 743 mila le donne fra i 17 e i 70 anni che hanno subito violenza
fisica o sessuale nel corso della vita (il 31,9% della classe di età
considerata); negli ultimi 12 mesi il numero delle donne vittime di violenza
ammonta a 1 milione 150 mila (5,4%); nel 96% dei casi le violenze non sono
denunciate; i partner sono responsabili della maggioranza degli stupri; le
violenze domestiche sono in maggioranza gravi; negli ultimi 12 mesi il 2,4%
delle donne ha subito violenza in famiglia; solo il 18,2% delle donne che hanno
subito violenza fisica o sessuale in famiglia considera la violenza subita un
reato. La violenza fisica e sessuale è spesso associata alla violenza
psicologica.
Alcune considerazioni
È innegabile che le donne nella
nostra società contemporanea, in regime capitalista, siano oppresse e deboli,
ragione che le espone ad atti di violenza gratuita. Il loro ingresso massiccio
nel mondo del lavoro negli anni '70 portò con sé l'illusione che
l'emancipazione delle donne potesse passare attraverso l'acquisizione di
un'autonomia economica, attraverso l'apertura alla società e al superamento
dell'isolamento dentro l'ambito familiare, attraverso la partecipazione alle
lotte sindacali e politiche. Fu un'illusione perchè molte donne, pur prendendo
coscienza di sé come individui portatori di diritti, come persone in grado di
decidere per sé senza tutele, si ritrovarono a subire ingiustizie e
sopraffazioni anche nel mondo del lavoro. Inoltre, come ognuna sa bene,
finirono per subire un supersfruttamento dovuto al fatto di vedere raddoppiato
il proprio carico di lavoro (la collaborazione dei partner maschili al lavoro
domestico è purtroppo ancora una rarità).
L'ambito familiare
Ma è in famiglia che la violenza
contro le donne si esprime nelle sue forme più violente. Il carattere nucleare
della famiglia attuale, la forma "privata" che assumono le relazioni tra i suoi
componenti, l'insufficiente rete di solidarietà sociale attorno ad essa rendono
possibile lo sviluppo di comportamenti violenti e nascosti all'esterno. I
soggetti deboli, donne e minori, subiscono maltrattamenti spesso ignorati da
parenti e vicini di casa in omaggio alla sacralità dell'istituzione "famiglia",
nucleo fondamentale su cui la società capitalistica è costruita e che, con la
complicità dell'ideologia oppressiva delle varie religioni, esercita il
controllo degli individui e in particolare delle donne, della loro sessualità e
del loro ruolo riproduttivo. Le violenze subite non vengono considerate reato
dalle stesse donne, la loro incapacità a reagire proviene direttamente dalla
loro condizione di ricattabilità economica, esiste il divorzio nella
legislazione borghese ma esso non viene spesso praticato per le condizioni
materiali concrete in cui le donne si vengono a trovare: ancora una volta la
condizione di classe determina il destino personale.
Un futuro di liberazione
La liberazione delle donne
dall'oppressione e dalla violenza potrà fare passi in avanti con un
miglioramento della legislazione e con le riforme sociali per le quali è
necessario battersi quotidianamente; sappiamo però che le conquiste raggiunte
nelle società borghesi possono, nelle fasi di riflusso delle lotte come
l'attuale, essere rimesse in discussione e costringere i movimenti ad
arretrare. Solo un cambiamento radicale della società, il superamento
dell'attuale regime di produzione capitalista basato sullo sfruttamento della
forza lavoro e sulla proprietà privata dei mezzi di produzione potrà produrre
radicali trasformazioni nei rapporti tra i sessi e nelle relazioni familiari.
Una effettiva uguaglianza tra uomo e donna potrà realizzarsi solamente quando
l'unione matrimoniale (in senso largo) non sarà frutto di convenienze di classe
o economiche ma si baserà esclusivamente sull'amore sessuale, quindi sulla
libera scelta; ed essa continuerà ad essere tale se entrambi potranno contare
sul fatto di potersi anche separare liberi dalla preoccupazione per la propria
condizione materiale e per quella dei propri figli. Solo nella società
socialista potremo realizzare una simile condizione.